Vent’anni fa avevo ventidue anni.
All’epoca ero una fricchettona che
indossava sempre un maglione super colorato, di quelli un po' etnici, fatti a mano, e pantaloni della tuta. Ma a pensarci
bene, tutto è cominciato molto prima!
Allora studiavo a Urbino, sociologia.
Era il mio piano B. Non era male come piano… tutto sommato era interessante, e
in fin dei conti lo avevo scelto io. Lo avevo scelto una volta persuasa che il
piano A fosse irrealizzabile.
Un sogno nel cassetto io l’avevo, ma
credevo che non l’avrei mai realizzato, più che altro mi avevano convinto che
con l’arte non si vive, così mi preparavo diligentemente, e non senza successo,
a una vita in cui avrei avuto il mio buon lavoro in qualche ufficio importante.
Io ero brava a studiare e mi hanno sempre spinta a non accontentarmi di un
lavoro manuale… roba per chi non ha la testa… a quell’epoca era questo che ti
insegnavano i professori, e che ti inculcavano in famiglia, anche se venivi da
una famiglia di artigiani… che quello del creare poteva sempre essere un hobby.
E per anni ho provato a conciliare le
due cose… come si dice; un colpo al cerchio e uno alla botte.
Ho provato a soddisfare
la mia famiglia che mi diceva di smetterla di vivere con la testa per aria e di
accettare il posto fisso e nel frattempo mi accontentavo di fare qualche
mercatino.
Ma alla fine quel lavoro da sociologa
mi è sempre stato stretto. Non sto comoda con la giacca di un tailleur e le
scarpe col tacco. Ci sono donne che le vedi… non potresti immaginarle con altro
addosso. Io non sono una di quelle. Non sono una da manicure e smalto, mi
mangio le unghie e le mie mani sono sempre macchiate di colori, vernici e piene
di graffi e calli.
Qualche tempo fa ho ritrovato quel
maglione e parlando con un amico che ha fatto le giuste osservazioni al momento giusto, ho capito che ero pronta. Che non volevo
più trovare compromessi, che non esistevano più scuse… che l’unica persona che
dovevo accontentare era quella ragazzina di vent’anni fa che non ha mai avuto
il coraggio di lottare per quello che sentiva essere la sua strada.
E oggi sono qua. Di nuovo con il mio
vecchio maglione e i pantaloni della tuta. Perché sono questi i panni che mi
sento bene addosso, perché è questa che sono sempre stata, una tipa un po’
fricchettona che non si dà pace negli schemi rigidi della società, che all’età
di 42 anni ha imparato a fregarsene, o almeno ci prova, di quello che si
aspettano gli altri, che ha deciso che quel che conta davvero è seguire i
propri sogni, che quello che fa per lei è pensare fuori dagli schemi, così come
suggerisce il nome che ho scelto per il mio brand.
Nove anni fa nasceva, appunto
ThinkOutsideTheBox. Ha imparato a camminare, ma oggi proverà a volare. Se sarà un colossale fracasso al
suolo o un bel giro sulle nuvole, questo ancora non lo so… ma non vedo l’ora di scoprire dove mi porterà questo viaggio.
E siccome la mia formazione da
sociologa, nel bene o nel male, è entrata a far parte di me, ecco qualche
numero!
1 come ThinkOutsideTheBox: il mio
progetto, la mia filosofia di vita, il mio brand, una parte di me che mostro al
mondo senza filtri, e tra qualche giorno, il mio laboratorio, il mio spazio, il
mio posto nel mondo.
2 (e in alcuni momenti ce ne
sarebbero volute almeno 6) come le mani che in queste settimane hanno costruito
mobili, restaurato muri, verniciato e pitturato, cucito e decorato, creato uno
spazio che mi si addicesse (ps. fatto tutto questo tranne la pulizia delle vetrine, perchè, detto francamente, sono capace di costruire un mobile fighissimo, ma non di pulire i vetri, e per questo lavoro, mi sono venute in soccorso altre due mani... quelle del mio compagno, che in questo è una casalinga migliore di me).
9 come gli anni che mi ci sono voluti
per decidere che il mio hobby poteva trasformarsi in un lavoro vero.
9a come il civico di via Polese dove
ha sede il mio laboratorio.
13 come i metri quadrati che ho
affittato e adibito a sede del mio progetto.
14 come i giorni che ci sono voluti
per trasformare un fondo anonimo in un laboratorio/negozio che soddisfacesse il
mio gusto e i miei bisogni organizzativi.
10.000 come i dubbi che mi tormentano
sulla decisione presa ma anche come le speranze che accompagnano questa
avventura.
Un numero inquantificabile, come le
persone che mi stanno incoraggiando a seguire questa strada.
Qualcuna, come le persone che non hanno ancora capito chi sono, cosa faccio e perchè. Sono loro le persone a cui dedico tutto questo, perchè possano vedere che nella vita si può anche chiedere di più, si può contare sulle proprie capacità e che, a prescindere dal loro giudizio, gli altri possono fare scelte diverse, e che non capire o non condividere non significa che una cosa non possa essere giusta.
110% come le energie che sto
investendo in questa nuova avventura.
E infine 22, come il giorno di aprile
che ho scelto per l’inaugurazione!
Per cui non mi resta altro da fare se
non invitarvi tutti a venire a dare un’occhiata, a fare un saluto, a bervi un
bicchiere e a mangiare un pasticcino, a darmi una mano a far crescere questo
sogno.
Vi aspetto il 22 aprile a Bologna in via Polese 9a!!!
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