Passa ai contenuti principali

IL TUNNEL DEL RECUPERO

Voi pensate che recuperare sia una cosa virtuosa, un mezzo per contribuire a migliorare i problemi ambientali di questa terra martoriata dalle fabbriche e dal progresso, forse un sistema per sensibilizzare le future generazioni verso una società meno consumistica e sprecona, un modo per dare il proprio contributo alla società.
E io sono d’accordo. Anzi, sono una fervida sostenitrice di questa filosofia, ma da buona sociologa non posso fare a meno di notare, e farvi notare, che ci sono due livelli di analisi dei fatti che riguardano il sociale e di conseguenza due approcci all’analisi della questione RECUPERO COME FILOSOFIA DI VITA: la visione globale (cioè quella in cui l’essere umano è immerso in un contesto relazionale di diversa natura con altri soggetti) e quella particolare (ovvero lo specifico vissuto di ognuno di noi… sostanzialmente come ce la viviamo!) che di fatto è materia di studio più della psicologia che della sociologia.
Ed è proprio questa la prospettiva che vorrei adottare oggi. Non è che voglia sconfessare i miei studi e di punto in bianco diventare una terapeuta (figuriamoci, con tutte le paranoie che mi faccio da sola, mi ci mancherebbero solo quelle degli altri!) semplicemente oggi vorrei farvi guardare la questione recupero dal mio personale punto di vista. Non quello in cui mi relaziono con gli altri per chiedere loro di conservarmi cose improbabili, non quello in cui racconto di come trasformo i vari materiali, non quello in cui diffondo come un santone la via del riciclo… ma quello in cui vi faccio capire cosa c’è nella mia testa quando penso a questo tema. Diciamo che se fossi nello studio di uno psicologo, quella sul lettino sarei io!

La questione è semplice, e forse qualche volta, magari in modi più superficiali, è pure già stata affrontata direttamente su questo blog, il recupero, per me, è una malattia. Il fatto è che il primo modo di dire che ho imparato da quando vivo in Toscana è “un si butta via nulla” (e poi dicono che il condizionamento sociale non esiste!).
Non immaginatevi storie di accumulatori seriali che vivono circondati da pile di quotidiani, scatoloni di vestiti di 40 anni fa, lettiere usate da decine di gatti e bidoni pieni di sacchetti di plastica che verranno mai usati… se tengo qualcosa, almeno di norma, poi lo uso, quindi non accumulo in maniera eccessiva, salvo avere una piccola scorta di diversi materiali tutti accuratamente divisi e contenuti in un mobile in garage.
Il fatto è che quando entri nell’ottica di creare meno rifiuti possibile, poi quell’ottica permea la tua vita in ogni momento e qualsiasi cosa tu stia facendo. È che ormai mi sta proprio sul cavolo buttare via cose (a meno che non si tratti della suddetta lettiera dei gatti… dopo qualche giorno di quella mi libero più che volentieri, e anzi, sono trattenuta dal disfarmene in modo troppo frequente solo dal mio accorto compagno, che mi impedisce di far vivere i nostri felidi come dei pelosi nababbi).
E come si traduce questa mentalità nella vita di tutti i giorni? Con mille piccoli accorgimenti sui quali non starò a tediarvi e con la follia totale, che mi porta a creare collezioni di bijoux con gli scarti delle lavorazioni di altre collezioni.

Mi riferisco in particolare a due nuovi modelli di orecchini, nati dai resti di lavorazione della collezione Sì, VIAGGIARE, che è l’ultima nata con la tecnica a intreccio/origami che ho adottato da circa un annetto e per la quale uso solo la parte centrale della capsula, tagliando via la ghiera circolare e il fondo della capsula.
Ok, se non capite di cosa stò parlando, beccatevi lo schemino!


Prima della nuova lavorazione ho sempre utilizzato la capsula intera, ora seleziono le parti che mi servono e alla fine della realizzazione dei primi pezzi della collezione lanciata quest’anno, il mucchietto di residui al mio fianco mi ha fatto scendere un po’ una lacrimuccia. Ero molto contenta del risultato che avevo ottenuto… ma che spreco! Gli esperimenti dello scorso anno non mi avevano lasciata così segnata nell’animo, ma c’è da dire che avevo usato molto meno materiale e creato pochi pezzi di prova. In ogni caso, quest’anno, mi sono sentita pizzicare alcune corde morali: si trattava anche di una questione di onestà nei confronti di chi mi affida i propri rifiuti, confidando nel fatto che, anziché andare a infoltire la mole di lavoro degli inceneritori, verranno trasformati in qualcosa di nuovo. Così ho iniziato a fare delle prove e mi sono accorta che la ghiera poteva essere arrotolata e utilizzata per creare un ricciolo e il fondo usato per impacchettare perle di piccole dimensioni e creare una pallina rivestita di alluminio… qualche componente standard, un paio di perni, un po’ di smalto e ho liberato il tavolo riducendo l’impatto ambientale della mia produzione a zero emissioni e sostituendo la lacrima che stava per colarmi dal naso con un bel sorriso ad almeno una trentina di denti!

E ora, Signore e Signori, vi presento la collezione SCARTO!

MODELLO TURACCIOLO



 MODELLO PALLINA



Commenti

Post popolari in questo blog

ThinkOutsideTheBox

Vent’anni fa avevo ventidue anni. All’epoca ero una fricchettona che indossava sempre un maglione super colorato, di quelli un po' etnici, fatti a mano, e pantaloni della tuta. Ma a pensarci bene, tutto è cominciato molto prima! Allora studiavo a Urbino, sociologia. Era il mio piano B. Non era male come piano… tutto sommato era interessante, e in fin dei conti lo avevo scelto io. Lo avevo scelto una volta persuasa che il piano A fosse irrealizzabile. Un sogno nel cassetto io l’avevo, ma credevo che non l’avrei mai realizzato, più che altro mi avevano convinto che con l’arte non si vive, così mi preparavo diligentemente, e non senza successo, a una vita in cui avrei avuto il mio buon lavoro in qualche ufficio importante. Io ero brava a studiare e mi hanno sempre spinta a non accontentarmi di un lavoro manuale… roba per chi non ha la testa… a quell’epoca era questo che ti insegnavano i professori, e che ti inculcavano in famiglia, anche se venivi da una famiglia di artigiani…

FEMINISM

Come, spero, la maggior parte di voi saprà, da qualche mese a questa parte, ThinkOutsideTheBox ha una sede stabile, situata a Bologna in via Polese 9a.  Tuttavia, non tutti sanno che il laboratorio è anche un Punto Viola. Di cosa sto parlando? Sto parlando del fatto che quest'anno tutti i pezzi si sono finalmente uniti e tra i vari progetti che sono partiti, sono riuscita a realizzare qualcosa di concreto per un tema che da anni mi sta particolarmente a cuore: quello della lotta alla violenza di genere.    Ma facciamo un passo indietro. Punti Viola è un'iniziativa dell'associazione Donnexstrada (che si occupa di violenza contro le donne e sicurezza in strada) volta a creare dei luoghi sicuri nelle città; locali dove chi ha bisogno, può trovare un rifugio, può chiedere aiuto, essere ascoltato e indirizzato ai servizi del territorio.  Per creare un'impianto di questo tipo, l'associazione ha chiesto aiuto a tutti coloro che hanno voglia di mettere a disposizione il pro

CAMERE D'ARIA

Ecco l'altro mio grande amore... e del resto come potrebbe essere altrimenti?  Le camere d'aria sono state il primo materiale recuperato con cui ho iniziato a sperimentare e a divertirmi creando bigiotteria,  anche perchè per me è proprio facile reperirle visto che  il mio compagno fa il biciclettaio!  Per quanto riguarda il recupero delle camere per la bigiotteria si rimane dunque in famiglia, altra cosa sono le camere impiegate negli accessori. Come già raccontato nel post ACCESSORI PER CAPELLI al contrario delle camere usate in bigiotteria che vengono dalle bici, per creare gli accessori uso camere provenienti dalle auto. Altro non indifferente vantaggio delle camere d'aria è che si prestano perfettamente alle linee di accessori da uomo e mi hanno permesso di pensare a qualcosa anche per i signori maschietti che altrimenti sarebbero rimasti fuori dai giochi. (vedi post  ) In ogni caso, che siano di auto o di bici, le camere d'aria offrono davv

I TAROCCHI DELLA ZINGARA

Ok, mettiamo subito le cose in chiaro... lungi dall'essere una persona che non muove un passo senza prima consultare oroscopi, piani astrali, carte o sensitivi vari, mi è sempre piaciuto pensare che nell'universo ci sono delle energie che muovono certe cose, che fanno sì che alcuni eventi della nostra vita debbano succedere, e che quando sono successi lasciano un segno. E credo che alcune persone (non tutti i ciarlatani che si trovano in giro, soprattutto nell'era digitale) abbiano la capacità di leggere questi segni e interpretare l'incanalarsi di determinate energie. Detto questo non ho nessuna pretesa di diventare una cartomante, mi sono inventata questa linea con i Tarocchi più che altro per gioco e proprio come tale viene proposta, ma facciamo un piccolo passo indietro... lo sapete quanto mi piace raccontarvi di come nascono le mie idee! Prima della Festa dell'Unicorno (vedi post precedente L'UNICORNO O IL MIO ESSERE NERD ) io e Lore (per chi ancor

FILTRI

Era una promessa, e poichè è stata la prima dell'anno, nessuno avrebbe potuto non mantenerla! E poi, anche se questa volta non c'è molto da raccontare, se non una storia già sentita, ma in cui i personaggi sono leggermente cambiati, avevo voglia di presentarvi quest'ultima collezione nata sotto Natale. Così, eccomi qua... a ridosso dall'ultimo post, un po' in ritardo rispetto alla presenza negli eventi, ma ormai lo dovreste sapere... in dicembre mi è impossibile star dietro a tutto, e ho imparato a delegare le ultime novità dell'anno ai primi racconti di gennaio. La Collezione FILTRI nasce dal mio grande amore per il thè, ma anche dalla mia grande pigrizia. Infatti, pur apprezzando tantissimo questa bevanda, non sono solita comprare thè sfuso, ma preferisco quello in bustina. E talvolta capita, come per i libri del resto, che le mie scelte siano più dettate dalla confezione (o dalla copertina) che da altro... in fondo sono un'esteta! Storia del packaging o q