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ANDATA E RITORNO

"Partimmo dalla vetta, diretti verso valle,

partimmo di buon’ora, lo zaino sulle spalle..."

                      (Tutti al mare, Gemelli Ruggeri)

 

 

Era l'anno 1996 e sulla mia Smemoranda c'era un componimento che iniziava così. Lo adoravo. Ancora oggi, ogni volta che mi metto in viaggio, non posso fare a meno di pensarci.

Quest'anno siamo partiti dalla pianura, diretti verso le montagne, nel tardo pomeriggio, e i nostri zaini non erano sulle nostre spalle, ma caricati in macchina, come tutto il resto delle cose che ci sono servite per sopravvivere nel mese e mezzo che ci siamo presi per affrontare questa avventura. In realtà i mesi avrebbero dovuto essere due e mezzo, e il progetto iniziale era quello di attraversare la Francia centrale abbastanza in fretta, per percorrere con calma le regioni del sud della Spagna, fare una deviazione verso Madrid e La Mancha, passare per l'Andalusia per approdare in Portogallo e fare il giro di tutta la costa da sud a nord con qualche deviazione verso l'interno, quindi ritornare in Spagna tramite la Galizia e viaggiare per la costa nord per poi riscendere verso sud attraverso Navarra e Catalogna, infine, riprendere la strada verso casa attraverso il sud della Francia. Tutto era pianificato nei minimi dettagli, ma raramente le cose vanno come si desidera e saltati per aria tutti i nostri progetti, il 12 luglio, dopo settimane di attesa e rinvii continui, abbiamo colto l'attimo e siamo partiti da Bologna.

Il nostro mezzo una vecchia e scassata Fiat Doblò cui abbiamo sostituito i sedili posteriori con un letto a soppalco, sotto il quale abbiamo stivato tutte le nostre cose e attrezzato un piano per cucinare. Non ci serviva altro.

La nostra meta ignota. Unica certezza viaggiare e lasciarci condurre dal viaggio stesso.

In tasca un ciondolo e un paio di orecchini: i nostri amuleti di Don Chisciotte e Sancho Panza, a farci da guida e da bussola morale per affrontare le avversità senza troppa impavidità né troppa indolenza  (vedi post PRONTI ALLA PARTENZA. Siamo partiti e questa è stata la prima meta raggiunta!

 

 

Un passo indietro. Eravamo quasi pronti alla partenza e avevo in testa un'idea: raccontare quest'avventura attraverso una serie di cartoline illustrate. Una per ogni tappa significativa. E un paio d'ore prima del via libera del meccanico, un po’ per gioco, un po’ per noia, è nata BOLOGNA – TIME TO TRAVEL (è tempo di viaggiare). La prima di una lunga serie. Quella che ha dato il via ad una nuova passione, quella che ha dato il via ad una nuova ossessione, quella che ha dato il via a ore passate a disegnare sulla spiaggia, su qualsiasi panchina, in macchina, negli autogrill, sulle scale delle chiese e dei mercati, ai tavolini dei bar, qualche volta anche sui marciapiedi. In ogni momento di pausa dal viaggio, in ogni momento in cui ho imposto una pausa al viaggio mi sono trovata con in mano una matita o un pennarello e in questo modo è nato il racconto di questa meravigliosa esperienza.

Tuttavia, per quanto un'immagine parli più di mille parole, non sono capace di far parlare solo le immagini e ho comunque bisogno di parole! 

 



I primi circa 800 km sono stati un po' una corsa attraverso le Alpi con l'idea di raggiungere la Spagna il prima possibile, ma finiti i saliscendi delle montagne ci siamo ritrovati in mezzo ai campi di lavanda della Provenza e quando siamo stati nei pressi di Avignone, non abbiamo potuto fare a meno di fare una tappa per visitare la città dei Papi, se non altro per acchiappare un paio di pain au chocolat e una baguette! Ma quando si viaggia con mente aperta, non si sa mai cosa può sorprenderci, e con l'intenzione di visitare un luogo ricco di storia antica, ci siamo trovati, così per caso, in uno dei festival di artisti di strada più importanti, ricchi e curiosi di tutta Europa. Il Festival d'Avignone per l'appunto. E abbiamo scoperto una cittadina vivace e colorata, dove ad ogni angolo di strada abbiamo potuto ascoltare musica, visitare esposizioni, godere di performance di giocoleria, teatro e illusionismo. Davvero magico! Inoltre, in questa prima fase del nostro viaggio, complice la nuova passione per il lettering, ho iniziato a notare in giro le varie scritte sui muri, sui cartelli pubblicitari e stradali, le insegne... insomma tutto quello che si trova scritto e che non si può far a meno di leggere! E così è nata l'idea di abbinare alle mie illustrazioni una frase trovata in giro per la città che colga l'essenza del momento ma anche quella del luogo. Per questa tappa ho deciso di usare un consiglio agli automobilisti che ho letto entrando in autostrada: EN VACANCES RALLENTÉ-VOUS (in vacanza rallentate). Che è proprio quello che ci vuole ogni tanto: la capacità di rallentare i ritmi frenetici di tutti i giorni.

 

Una grande verità è che è tanto facile imporsi di rallentare i ritmi quanto lo è abbandonare questo proposito per correre dietro a un desiderio: quello di arrivare a Barcellona! Troppo tempo era passato dalla mia ultima visita a quella che, per qualche anno, è stata la mia città, la mia casa, la mia vita.

Troppo grande la curiosità di vedere come è cambiata in questa lunga assenza, troppo forte la voglia di rivedere luoghi e persone di un passato che ho sempre portato nel mio cuore e che fa parte della mia storia. Troppo pressante la voglia di tapas!!! Così, appena approdati in città e trovato un parcheggio per la nostra auto/casa, ci siamo catapultati in un mondo di patatas bravas e queso manchego, di paleta iberica e soprattutto di claras, prendendo alla lettera un altro buon consiglio trovato in giro per strada e sponsorizzato dal governo catalano: A LA CALOR IDRATA'T (con il caldo idratati).

Che dire di Barcellona... è sempre una città dove vive una parte del mio cuore. Una città viva, piena di arte e cultura, di cibo e vino, di strade da percorrere e posti da vedere, ma anche di culture diverse e suoni e odori forti, una città multiculturale e al tempo stesso super catalanista con due identità così marcate che ancora non mi spiego come facciano a convivere, una città che non dorme mai, una città in cui splende sempre il sole. Una città a cui torno sempre con grande piacere.




 

Dopo qualche giorno catalano di riscoperte e vecchi amici ritrovati, siamo passati oltre, diretti verso la meta successiva: Valencia.

Qui, una delle prime scritte trovate su un muro è stata ES DIFICIL SER VALENCIÀ (è difficile essere valenciano) e non abbiamo tardato molto a scoprire cosa intendeva l'autore…

Valencia è una città modernissima e per certi versi molto arretrata. Un luogo ricco di palazzi monumentali e case letteralmente in decadenza, un capoluogo multietnico ed estremamente aperto e contemporaneamente un paesotto chiuso e provinciale. Ma, nonostante queste contraddizioni a Valencia si perdona tutto semplicemente passeggiando per il centro, o meglio ancora per il mercato, o mangiandosi una paella (accompagnata da una caraffa di sangria è ancora meglio), e quasi si perdona anche la mancanza di benzinai che abbiano a disposizione l'adattatore italiano per il GPL!

 

 

 

Così, una volta risolto il problema del rifornimento del GPL, che ci ha accompagnato per buona parte di questo viaggio, ci siamo rimessi in marcia alla volta di Madrid. E per la prima volta nella mia vita ho attraversato la Mancha. Forse può sembrare un po' banale, ma la Mancha è proprio come te la immagini quando pensi alla Spagna di Don Chisciotte: : rocce rosse e terra arida ovunque e distese di erba gialla e vento incessante che muove infiniti mulini a vento, e bar polverosi con i prosciutti appesi al muro e dov’è possibile bere un cortado nel bicchierino di vetro e non eccentrici miscugli a base di caffè imposti dalla clientela internazionale. E a proposito di posti che sono come te li immagini, dopo diverse ore di macchina, siamo arrivati a Madrid e ho scoperto che la mia idea di capitale caotica e chiassosa non potrebbe essere più distante da quello che è Madrid. Il primo impatto è stato decisamente inaspettato... per parcheggiare in sicurezza, soprattutto visto che la nostra macchina è stata anche il nostro albergo, ci siamo sempre affidati ad un app che di solito usiamo quando viaggiamo: Park4Night, grazie alla quale abbiamo scovato un posticino vicino ad un laghetto, a 10 minuti dal centro storico che ci ha dato l'impressione di essere in campagna, sia per il fresco, che per il silenzio che per lo stile rilassato, decisamente in contrasto con quello che ti aspetti da una capitale! Unico neo, le orde di zanzare che hanno tentato di vampirizzarci!

Madrid è arrivare in centro ed essere sopraffatto dal miscuglio di colori, arti e culture di tutto il mondo e ritrovarsi a scoprire piazzette e vie dove i madrileños si mischiano ai turisti camminando al ritmo lento di provincia, e trovano tempo per una birra con gli amici. Madrid è parchi affollati di bambini che giocano e di genitori che chiacchierano, giovani che corrono e vecchietti impegnati negli scacchi. Madrid è un caldo feroce e km e km percorsi a piedi per scoprire l'identità e la peculiarità di ognuno dei diversi quartieri, per visitare monumenti e musei (al Reina Sofia ci siamo concessi un po' di tempo per ammirare Guernica). Madrid è una pubblicità vista  per strada che diceva il vero: TODO EL MUNDO ESTÀ EN MADRID (tutto il mondo è a Madrid).

 

 

Lasciata la capitale (non senza dispiacere), abbiamo deciso di fare tappa lungo la strada che ci avrebbe riportato verso sud e visitare Toledo. Altra città ricca di storia e di fascino. Siamo arrivati al calar della sera, in quel momento in cui il centro si svuota dai pullman dei turisti che lo invadono per poi andarsene in tutta fretta verso altre mete, e dopo la vista di un tramonto spettacolare sulla vallata, abbiamo potuto assaporare un attimo in cui la città è stata tutta nostra, e sotto un cielo stellato abbiamo goduto dello spettacolo della cattedrale, della sinagoga e della moschea illuminate.

Toledo è una città strana. Oggi un paesino, in tempi remoti, una potenza conquistatrice e sede dei grandi re cattolici spagnoli, che prima di dettare le regole di un mondo esclusivo, hanno visto vivere in grande armonia cattolici, mori ed ebrei. Inoltre, i piatti tipici toledani sono tutti a base di pernici, così, per la cartolina che rappresenta questa tappa, ho scelto una frase un po' particolare: la chiusura delle fiabe popolari in lingua spagnola. Il nostro "e vissero tutti felici e contenti" in castigliano viene reso con "VIVIERON FELICES Y COMIERON PERDICES" (vissero felici e mangiarono pernici). E nulla mi è sembrato più appropriato per questo luogo, dove la fiaba della convivenza e dell'integrazione non è stata solo un racconto per bambini, ma un pezzo di storia della Spagna. 

  

 

 

E di nuovo in marcia verso sud-ovest, alla volta della Costa Cálida, dove ci siamo goduti le spiagge e abbiamo visitato Cartagena con il suo anfiteatro romano.

Naturalmente quando si tratta di cartoline relative al mare e alla vita da spiaggia, non posso non tenere conto dell'influenza che ha avuto su di me l'essere stata una bambina negli anni '80 a Rimini! Per cui non stupitevi se queste illustrazioni hanno un gusto un po' retrò o se manca la frase! Spero comunque che venga apprezzato il tentativo di passare con continuità da una città all'altra, dal tramonto, alla notte, al giorno, un po' come è stato per noi il nostro passaggio in questa zona... fluido e colorato! E mentre il primo approccio è stato dedicato alla vivace movida dei turisti, la domenica abbiamo scovato una spiaggia isolata in una caletta dove gli unici ospiti siamo stati noi e un paio di bambini a caccia di granchi!

  

 

 

I tempi serrati del nostro viaggio ci hanno dato poco margine per trattenerci a lungo, così dopo un paio di giorni di relax, siamo ripartiti alla volta di Almerìa, il nostro approdo in Andalusia. 

Qui la sosta è stata un po' più lunga del previsto, perché la macchina ha avuto bisogno di un piccolo pit-stop per un cambio candele e abbiamo potuto subito mettere in pratica un suggerimento trovato su un muro di un centro per ragazzi: "CON GANA TODO ES POSSIBLE" (se lo desideri, tutto è possibile) e risolvere così il problema del rifornimento GPL anche senza l'adattatore. Una semplice idea, ma un lampo di genio del mio compagno... nastro isolante e il gioco è fatto! L’aspetto positivo di questa sosta forzata?!? Non avremmo mai scoperto le  cuevas (un quartiere di casette minuscole e un po' diroccate, costruite lungo il fianco del colle su cui svetta l'Alcazaba), o quei baretti un po' ambigui e pieni di gente che sembra poco raccomandabile ma che quando ti siedi ti accoglie come un vip e dove manca poco che il barista ti stenda un tappeto rosso, o quei localini dove con 20 euro puoi fare una cena completa di pesce per due persone e ti alzi da tavola pieno, soddisfatto e incredibilmente grato di aver colto quello che la vita ti mette a disposizione senza che tu nemmeno lo chieda, ma solo perché in fondo è quello che desideri.

 

 

 

 Ad Almeria ci siamo accorti che le strade percorse fino a quel momento ci avevano fatto saltare una tappa che eravamo certi di voler fare, così, seppur diretti verso ovest, ci siamo concessi una deviazione verso est e ci siamo spostati in uno dei posti più incredibili di tutta la penisola iberica: la riserva naturale di Cabo de Gata. So che avevo detto che le frasi per le mie cartoline erano state tratte da scritte viste in giro per la città, ma le eccezioni fanno parte del gioco delle massime, e poi niente mi sembrava più adatto di una delle mie frasi preferite.

Antoine de Saint-Exupery, ne “Il Piccolo Principe”, scrisse MI CHIEDO SE LE STELLE SONO ILLUMINATE PERCHÉ OGNUNO POSSA UN GIORNO TROVARE LA SUA. Ho una buona ragione. Siamo arrivati in piena notte e la scelta di percorrere i 6 km di sterrato che attraversano il parco completamente al buio è stata ampliamente ripagata dallo spettacolo che ci siamo trovati davanti all'arrivo: un cielo privo di luna, ma in cui ogni costellazione era visibile a occhio nudo, compresa la Via Lattea! Al nostro risveglio, dopo essere stati buttati giù dal letto da un custode un po' troppo stacanovista, invece siamo stati sorpresi da una spiaggia ventosissima ma completamente incontaminata, in cui le rocce, erose da secoli di vento e di correnti, sembrano opera di Gaudì o semplicemente sono ciò che lo ha ispirato.

 

 

 

Abbandonato a malincuore Cabo de Gata ci siamo riavventurati verso l'interno, attraverso il deserto di  Tabernas. IL DESERTO! Ovvero esattamente l’immagine che mi viene in mente se penso al deserto… Sono cresciuta con i film di Bud Spencer e Terence Hill e Tabernas non solo ricorda lo scenario in cui si prendevano a cazzotti. Lo è! E poi, dopo ore di sabbia e cactus arriva Granada e tutte le certezze sulle grandi città crollano come castelli di carte. Granada è una città piccola per essere una metropoli, è una città arretrata per essere così moderna, è una città che nega la propria tradizione ma al tempo stesso ne fa il suo vanto.

Qui non solo ti accorgi quanto forte sia stata la dominanza araba e l'influenza che questa cultura ha avuto sulla Spagna, ma anche come, nonostante questa egemonia, la cultura e l'arte spagnola siano potute fiorire e ramificarsi in così tante direzioni differenti. Granada è una delle città più arabe della Spagna, ma anche una delle più spagnole. Dalle finestre dell'Alhambra si vedono le cuevas dove vivono i gitani, dalla cima della cattedrale i vicoli del bazar delle spezie. Lo so che continuo a dire che ovunque siamo stati abbiamo trovato grandi contrasti e contraddizioni, ma qui, più che in ogni altra città, la contrapposizione è lampante e dirompente e al tempo stesso impercettibile e sottile.

E poi qui abbiamo scoperto che ai cantanti di flamenco piacciono a tal punto le caramelle da dedicarvi un'intera canzone!!!

Per questa cartolina nessuna frase, perché Granada è qualcosa che non si può spiegare a parole.

 

 

 

Dopo due giorni di colline e caldo insopportabile siamo tornati verso il mare, alla ricerca di un po' di fresco, addentrandoci nell’Andalusia e avvicinandoci all'Africa.

Per questo tratto di costa, ancora una volta una cartolina senza frase, ancora una volta l'influenza delle cartoline di quand’ero bimba, con una finestrella per ogni città del gruppo, un dettaglio che ne colga lo spirito.

Tarifa non ha certo smentito la sua fama di città del vento... si dice che il Levante sia tanto odiato dai tarifeños perché, in tempi antichi, portava con sé le invasioni dei mori, noi invece lo abbiamo apprezzato per la sua capacità di rinfrescare il caldo torrido di questa zona della Spagna e per averci dato la possibilità di goderci le spiagge senza soffocare (e a Barbate in compagnia dei tori che ci pascolavano a fianco) o di arrampicarci sul colle dove sorge il castello di Vejer senza sudare 7 camicie! 

 

 

 

Proseguendo verso sud, se si decide di ignorare i princìpi di economia del viaggio o semplicemente il buon senso, e ci si infila nelle “strade senza uscita“ del Paese, si arriva a Cádiz.

Cádiz è una striscia di terra che si allunga verso il mare e si stacca dal resto della penisola. Pur rimanendo fisicamente e culturalmente ancorata al mondo spagnolo, subisce l'influsso di quello africano, che è così vicino che quasi lo si può immaginare al di là dell'orizzonte.

Una delle città più antiche di Europa, come amano ricordare i gaditanos (da Gadir, l'antico nome di Cádiz) ad ogni occasione di chiacchiera.

La sentinella del Regno, fatta di torri che offrono una vista mozzafiato su uno spazio sconfinato. Un dipinto ad acquerello dai toni leggeri, trapuntato da colonie di gatti rossi che vivono sugli scogli in mezzo ai gabbiani. Un mare intenso che si trasforma in oceano, regalando tramonti spettacolari e quel senso di pace che solo l'essere circondati dal mare sa donare. Vicoletti pieni di negozi e bar dove abbiamo ceduto al fascino di una colazione all'andalusa: tostada con tomate e cafè con leche (bruschetta al pomodoro e caffelatte), e buongiorno sin dal mattino!

Per questa cartolina, infine, una frase di Pablo Neruda, trovata in un vicolo, scritta a bomboletta su un muro scrostato, che non solo mi è sembrata perfettamente calzante, ma che ha aggiunto un tocco di poesia a un luogo che non poteva essere più poetico di quel che è.

"NECESITO DEL MAR PORQUE ME ENSEÑA: NO SE SI APRENDO MUSICA O CONCIENCIA"

(Ho bisogno del mare perché mi insegna: non so se imparo musica o coscienza).

 

 

 

Una volta a Cádiz, l'idea era di fermarci un paio di giorni e poi dirigerci, sparati, verso il Portogallo, ma passando per Sevilla non siamo stati capaci di estromettere questa città dalle tappe del nostro viaggio, così, scarpe comode ai piedi, abbiamo fatto una sosta di qualche ora e percorso 12 km sotto un sole cocente, alla ricerca di ogni fontanella disponibile per infilarci sotto la testa e sopravvivere al tentativo di essiccazione da parte del sole!

Poche le ore dedicate a Triana (il quartiere che rivendica la nascita del flamenco), alla Catedràl e all'Alcazar, un giro veloce per Plaza d'España, che ha ripagato la distanza che la separa dal resto del centro, un passaggio alla Plaza de Toros più importante di tutta la Spagna e via di nuovo sulla strada. Direzione Portogallo! Ma non senza una frase per la mia cartolina. E questa volta è arrivata proprio da un'altra cartolina! Un foglietto appeso su uno dei tanti ponti che passano il Guadalquivir. "LA FELICIDAD NO ES UN DESTINO, ES EL ACTITUD CON LA QUE SE VIAJA POR LA VIDA" (La felicità non è una destinazione, è l'attitudine con la quale si viaggia attraverso la vita). Niente di più appropriato per un viaggio senza una vera meta, per un viaggio che più che la scoperta di un luogo, ci ha portato alla scoperta di cosa vogliamo dalla vita.

 


 

E finalmente Portogallo!!! E da subito abbiamo preso in parola uno dei cartelli incrociati lungo il cammino: FAÇA RENDER A SUAS FERIAS (Arrenditi alle tue vacanze!). (Arrenditi alle tue vacanze!). Prima fermata Olhão.

Non perché sia una metropoli che tutte le guide consigliano, o il posto di cui tutti parlano, ma perché la macchina ha avuto un problema e abbiamo trovato un meccanico aperto! Una sosta non programmata e che se non fosse stato per Liz non avremmo mai fatto. Liz… dopo l'ennesimo pezzo rotto e sostituito, abbiamo ribattezzato così la nostra auto, in onore di Elisabeth Taylor: entrambe completamente rifatte. Ma dicevamo... Olhão… per la seconda volta Liz ci ha imposto di conoscere un posto e per la seconda volta ci siamo innamorati. Approdare in Portogallo attraverso questo paesino di pescatori è stato come tornare a casa dopo una lunga assenza. Parlando la lingua poco o niente, non conoscendo la cultura e le tradizioni, ci siamo sentiti accolti e completamente a nostro agio. A partire dal ristorantino dove appena arrivati ci siamo fiondati super affamati e che ci ha stupito con una cosa semplice ma incredibilmente ben fatta come le bruschette portoghesi, passando per il meccanico che ha sistemato Liz e con il quale, sebbene non avessimo alcuna lingua in comune, abbiamo avuto meno problemi di comunicazione che con qualsiasi meccanico italiano, fino al baretto in cui ci siamo fermati a bere un porto e a giocare a carte una sera e i cui avventori, il giorno dopo, ci hanno salutato, riconoscendoci in giro per la città. 

E poi è una cittadina stupenda! Fatta di pasticcerie con dolci talmente buoni che il solo ricordarli mi fa l'effetto che faceva ai cani di Pavlov il suono della campana e bar dove il caffè costa 60 centesimi (e non è certo la sciacquatura di piatti che si trova nel resto d'Europa). Fatta di vicoli costruiti in mezzo a case di massimo due piani che non sono imbiancate ma rivestite di piastrelle dai disegni più diversi e con le porte che sono già quelle piccole opere d'arte di falegnameria e d'intarsio. Fatta di sculture sparse in giro per il centro che raccontano la storia e le leggende di questo paesino. Ci saremmo voluti perdere per Olhão e non muoverci più da lì, ma la curiosità ha avuto la meglio... abbiamo infatti presto scoperto che dal porticciolo partono i traghetti per visitare le varie isolette che formano l'arcipelago davanti a Faro e su una delle quali è stato costruito proprio il faro di Faro (sì, ha sconvolto anche noi sapere che il faro non è a Faro! ma onestamente, una volta toccata dal vivo la geografia di questa zona ci siamo chiesti che senso avrebbe avuto costruirlo sulla terra ferma con tutte le isole a coprirlo, quindi vada per la discrepanza tra nome e oggetto!) Così, gita in barca per le isolette, una delle quali è il posto dove, se dovessi sparire dai radar, sarà possibile trovarmi. Un borgo di piccole case bianche, con i giardinetti che finiscono nella sabbia e dove non esistono mezzi a motore, se non quelli che viaggiano sull'acqua. Pochi negozi, nessun servizio, ma qualche bottega artigianale, una pasticceria, un paio di bar e il silenzio di un luogo che fa parte di un'altra epoca. Lì è dove un giorno io vivrò.

La vicinanza a Faro ci ha poi imposto un'altra piccola escursione, e sebbene Faro sia una città più grande e non certo più brutta, il richiamo del fascino del paesino ci ha riportato indietro ancora per un giorno. Tuttavia, di Faro non si può non ricordare il fatto che ospita le cicogne, e che se si alza lo sguardo, è possibile vederle dentro i loro enormi nidi costruiti sui tetti dei monumenti e delle case.

 

 


 

Una volta sistemata Liz, i tempi del nostro viaggio ci hanno imposto di ripartire, per cui abbiamo salutato l'Algarve e abbiamo ripreso il cammino verso nord per ritrovarci nella regione dell'Alentejo. Lagos (il capoluogo di questa regione) è un paesotto piuttosto grande e molto turistico, che ci ha fatto un po' rimpiangere la nostra isoletta felice, ma a cui si perdona il caos e la movida non appena si arriva al mare. Qui ti rendi davvero conto di cosa voglia dire oceano. Una montagna rocciosa modellata dalle onde, un paesaggio quasi desertico, e dopo una scarpinata colossale una minuscola spiaggetta di sabbia che sembra zucchero a velo (un po' troppo affollata per i nostri gusti) in cui ogni ora devi spostare il telo perchè l'acqua sale e non ti lascia scampo. E poi tuffi in mezzo a un mondo di piante acquatiche e pesci colorati e un po' invadenti, che più che prede si credono predatori e non fanno altro che mordicchiarti, e blu fin dove lo sguardo riesce ad arrivare.

E ancora una volta una poesia per la cartolina di questa tappa, ancora una volta un artista anonimo che usa un muro altrimenti triste e spoglio per far conoscere al mondo le parole di un grande poeta, simbolo di questo meraviglioso Paese: Fernando Pessoa. NÃO SOU NADA, NUNCA SEREI NADA. NÃO POSSO QUERER SER NADA. A PARTE ISSO TENGO EN MI TODOS OS SONHOS DO MUNDO (Non sono niente, non sarò mai niente. Non posso voler essere niente. A parte questo ho dentro di me tutti i sogni del mondo).

 

 

 

Dopo l'orda turistica di Lagos abbiamo ripreso il nord alla ricerca di un posto un po' più esclusivo e un po' più autentico, e ci siamo imbattuti in Zamboreja do Mar, un buco nero che ci ha trasportati in un'altra dimensione. Un paesino di casette bianche con le imposte contornate di azzurro o rosso o giallo, abbarbicate su una scogliera di lastre di ardesia a picco su un mare in burrasca. Un freddo pungente che ci ha costretto a tirar fuori quel poco che avevamo di caldo e pesante, ma che dopo tanto soffrire in Andalusia ci è sembrato un sogno!

Zamboreja è prati verdi e spiagge gialle, una piccola chiesa affacciata all'oceano, poche case, un paio di bar, qualche negozio, un paio di gatti che abbiamo sfamato, nebbia e vento, pace e silenzio. ES IMPOSIVEL TE VER E NÃO TE QUERER (è impossibile vederti e non amarti) ed è così che le parole di un innamorato, scritte su un palo della città un po’ nascosto e scoperte per sbaglio, sono diventate la mia dedica a questo paesino.

Piccola parentesi gastronomica... venendo via da Zamboreja per andare verso Lisbona ci siamo fermati a Sines (città natale di Vasco Da Gama) e ci siamo ritrovati in un festival con stand da tutto il Portogallo. Il centro non è niente di che, ma abbiamo scoperto la specialità di Madeira, la bifana em bolo do caco: un panino (enorme! noi l'abbiamo mangiato in due) morbidissimo, cotto sulla piastra, tagliato a metà e spalmato di burro aromatizzato all'aglio e alle erbe, con dentro una bistecca di maiale leggermente speziata. Nessun altro panino avrà mai più senso.

 

 

 

E finalmente arriva Lisbona. Una capitale multiculturale, dove si mischiano portoghesi e brasiliani, ma anche africani, indiani ed europei, dov'è difficile parlare portoghese (e impararlo!) perché tutti parlano inglese perfettamente, ma dove la tradizione e la cultura vengono rispettate e valorizzate in ogni vicoletto. Lisbona è ristorantini che servono i tanti piatti tipici del posto, locali dove è possibile farsi trasportare nella saudade dal fado, pastel do bacalhau a ogni angolo di strada, e mille pasticcerie che sfornano pasteis de nata come se fosse pane. Terrazze panoramiche mozzafiato alla fine di ogni salita, e palazzi dall'architettura ricercata e monumentale. Storia e cultura, artigiani e artisti. La zona nuova non è entusiasmante come quella vecchia, ma ci ha regalato una piccola avventura su monopattino, conclusasi con il miracoloso passaggio di un uber! Lisbona è una città davvero difficile da raccontare. Per questa cartolina nessuna scritta trovata in giro, ma una delle frasi più tipiche della lingua portoghese: BOA SORTE (buona fortuna). Mi piaceva il gioco di parole, ma confesso anche che è stata la prima cosa a cui ho iniziato a pensare, con una punta di panico appena arrivati in centro con la macchina, un po' come un mantra che potesse proteggerci.  Guidare a Lisbona è stata un'esperienza che ha cambiato il mio modo di concepire il traffico per sempre e che farà sì che non mi lamenterò mai più di nessun tipo di strada, percorso o guidatore (in effetti, riguidare per Valencia o Barcellona, al ritorno mi è sembrata una passeggiata, quando all'andata avevo avuto qualche difficoltà!). Comunque... arrivando da sud, per entrare in città  si percorre un ponte di 12 km (il più lungo d'Europa), dove tra raffiche di vento e camion che ti superano, speri di non precipitare in mare, o che gli ingegneri siano stati più bravi di quelli che hanno costruito il ponte Morandi a Genova, e quando, infine, raggiungi di nuovo la terraferma, preferiresti essere di nuovo sul ponte! Sì, perché la zona vecchia è tutto un saliscendi di stradine strettissime, lastricate di sanpietrini, dove i lisbonesi viaggiano a tutta velocità con una nonchalance da formula uno, mentre tu arranchi cercando di capire se va bene la terza o devi mettere la seconda, e soprattutto speri che la macchina continui ad andare avanti e non inizia a rotolare all'indietro, e ti impegni a prendere bene le curve per non invadere la corsia opposta, mentre loro si schivano come in un balletto dalla coreografia talmente complicata, che non puoi fare a meno di pensare che non arriverai mai a comprenderla. Ma se non bastasse tutto questo, ogni tanto, a caso, ti ritrovi a viaggiare sui binari della tramvia, pregando di averli presi nella direzione giusta e di non trovarti faccia a faccia con il tram in un rovinoso frontale.

 

 

 

Ancora qualche giorno per esplorare i dintorni della capitale e, a malincuore, è iniziato il nostro viaggio di ritorno. Un po' a causa dei tempi ridotti, un po' a causa dei problemi avuti con la macchina, abbiamo dovuto rinunciare al progetto di vedere il resto del Portogallo e rientrare dalla costa nord della Spagna. Un vero peccato, ma mi piace pensare che il dover tornare a casa, non sia altro che un'opportunità per tornare in Portogallo un'altra volta. Quindi da Lisbona, direzione est, verso l'Estremadura. Tappa per la notte: Estremoz. Nessun motivo particolare, c'era un centro abitato, eravamo stanchi, eravamo affamati e appena siamo entrati in città abbiamo assistito ad una rissa in un bar. Ci è sembrato il posto giusto per fermarci! Abbastanza triste da non essere turistico, abbastanza animato da non essere noioso. Di quel paesino ricordo vagamente giusto la piazza dove ci siamo seduti a mangiare ma quel che resta indelebile è il circolino dove abbiamo passato una serata giocando a carte tra i vecchietti e un dipinto, trovato su un marciapiede percorrendo la strada verso il parcheggio. Un mare circolare popolato da pesci colorati e una scritta a spiegare il tutto... O MAR COMENÇA AQUI... (il mare inizia qui...) e allora capisci che davvero filosofi, artisti e poeti possono nascere ovunque e che non conta quello che ti circonda per poter esprimere te stesso e che se hai il mare dentro, non importa se sei sulla spiaggia o a centinaia di km dalla costa. Il mare è dove sei tu. E così, anche un paesino anonimo come Estremoz, si è guadagnato il suo posto nel mondo e la sua cartolina nella mia storia di questo viaggio.

 

 

E poi arriva quella zona di confine tra due paesi, quella dove le lingue e le culture e i modi di fare si mescolano e passi le ore a chiederti se sei già tornato o in Spagna e stai incontrando persone che parlano perfettamente il portoghese o se ti trovi ancora in Portogallo e finalmente hai trovato qualcuno che parla spagnolo!

Una cartolina omaggio a quelle terre di nessuno, dove l'identità è fluida e appartenere a un paese piuttosto che a un altro è solo una questione politica, una riga su una cartina.

Così da Borba (pit-stop per Liz per rabboccare l'olio e avere conferma che saremmo riusciti ad arrivare a casa) a Badajoz (pit-stop per noi nel centro commerciale più squallido del pianeta, per contrastare afa e stanchezza!) il passaggio è stato soft e ci siamo ritrovati in Spagna senza nemmeno accorgercene se non per il ritorno al caldo soffocante dell'Estremadura, che dopo il deserto di Tabernas, non ci è sembrata poi tanto desertica, ma ha sicuramente confermato le aspettative sulle temperature. DE VUELTA A ESPAÑA (tornando in Spagna) il viaggio prosegue!

 

 

 

E ancora una volta Andalusia... ma questa volta facendo tappa in una città che all'andata avevamo escluso per motivi di distanza: Cordoba! Una città dall'identità tanto romanica quanto araba, in cui è ancora viva la tradizione di tenere aperto il patio della propria casa per permettere ai passanti di vedere questi meravigliosi giardini interni fatti di fontane e piante ornamentali, alberi da frutto, e piccoli laboratori, come quello che ci ha ospitato e spiegato la tecnica della filigrana cordobeña con cui vengono realizzati elaborati monili da cui ho preso ispirazione per la scritta "Cordoba" della mia cartolina. Mentre per la frase, un classico intramontabile, i muri della città! Devo dire che gli spagnoli sono prolifici poeti/artisti di strada e io ne ho tratto vantaggio rubando e riutilizzando tutto quello che mi capitava sotto gli occhi, per cui...COMO ME VOY A CALLAR SI DE CORDOBA HAY QUE HABLAR HASTA QUE EL MUNDO SE ASOMBRE (come posso rimanere in silenzio se di Cordoba bisognerebbe parlare fino a che il mondo ammutolisca…)

 

 

 

A questo punto del viaggio tutto ha iniziato a diventare un po' più frenetico e veloce, soprattutto perché la zona in cui siamo passati al ritorno, è più o meno la stessa di quella dell'andata, ma questa volta, anziché visitare le grandi città, freschi della bella esperienza che abbiamo avuto in Portogallo, ci siamo dedicati alle tappe nei paesini, per assaporare l'essenza di ogni regione.

La cartolina che racconta questa parte di viaggio è un piccolo esperimento di lettering e doodling ai fini di rappresentare il passaggio per Andalusia, Castilla La Mancha (sulle orme di Don Chisciotte) e Comunidad Autonoma de Valencia e quello che caratterizza ciascuna regione. Mentre la volpe è un’amica, conosciuta in un parcheggio adiacente al bosco in un paesino sperduto della Mancha dove ci siamo fermati a riposare, con la quale abbiamo condiviso uno spuntino e che vogliamo ricordare.

 

 

Dopo Valencia, abbiamo vissuto una piccola avventura che ho voluto raccontare tramite qualcosa di più grande di una cartolina, e allora, in una domenica di pace in una spiaggia che si chiama Platja del Paradìs (spiaggia del Paradiso) mi sono cimentata nell'illustrazione di un fumetto che narrasse questa vicenda.

Tutto è iniziato quando ci hanno cacciato dalla Riserva Naturale de la Serra d'Irta a causa di un fantomatico rischio incendio (quando stavamo per arrivare alla meta il cielo era davvero fosco, e durante il pomeriggio ha piovuto quasi tutto il tempo). Per cui abbiamo dovuto rassegnarci al fatto che non saremmo potuti arrivare dove volevamo e cambiato i nostri progetti. Ma per farlo avevamo bisogno di fare carburante, e come ho scritto più volte, non è sempre stato facile raggiungere questo scopo. Tra chi l'aveva finito, chi aveva la pompa rotta e chi il gestionale fuori servizio, abbiamo fatto non so quanti km, e provati da quest'ennesima sfida/sfiga, ci siamo fatti allettare dal nome di una località a cui eravamo vicini: Platja Miami... e abbiamo pensato, perché no? andiamo a vedere! ma come si usa dire...la curiosità uccise il gatto... e una volta arrivati, siamo un po' morti dentro anche noi. Senza voler offendere nessuno (figuriamoci, io sono Riminese!) ma Platja Miami è la brutta copia di Riccione anni '90, con tanto di luna park e localini sulla spiaggia dove si fa disco bar e vengono serviti cocktail con gli ombrellini di carta, fuochi d'artificio e bancarelle con lo zucchero filato e i popcorn. Ma del resto è anche facile incappare in questo tipo di situazione quando si è vicini a Ferragosto! Per cui, dopo esserci ripresi dallo shock anacronistico, e dal bagno di folla delirante, rifocillati e messo mano alle nostre fonti, siamo scappati a gambe levate da quel tipo di turismo che, decisamente, non fa per noi. Direzione una spiaggetta poco conosciuta, chiamata Platja del Paradìs.

 Sebbene la denominazione di una cosa non sempre corrisponda alla realtà, abbiamo concesso una possibilità a questa spiaggia dal nome foriero di grandi promesse.

E onestamente non siamo rimasti affatto delusi.

Realmente abbiamo trovato un  paradiso.

Appena arrivati abbiamo scovato un parcheggio in riva al mare, coperto dalla protezione di alcuni carrubi e ne abbiamo approfittato per goderci una serata di lettura e relax al chiaro di luna e alla luce delle nostre fantastiche lampadine da fricchettoni, e la mattina dopo una spiaggia di sabbia chiarissima e fine, che non si sa come finiva in mare trasformandosi in sassolini neri, poche persone che si godevano in silenzio la bellezza di questo posto. Una leggera brezza per stemperare il sole e un'acqua calda e pulita in cui è stato difficile non buttarsi appena arrivati, scaraventando in aria tutto quello che avevamo in mano.

Così abbiamo steso il nostro telo all'ombra di uno dei ginepri che cingevano tutto il perimetro e ci siamo goduti un'intera giornata di mare, comprese la cena e il dopocena!

 

 

 

Ma si sa, anche in paradiso, quando ci si passa troppo tempo, si corre il rischio di annoiarsi, e poltrire eccessivamente non fa per noi, così, dopo un Ferragosto di pace e silenzio, lontani dalle orde barbariche dei turisti, abbiamo tolto le tende e ci siamo spostati ancora verso est per l'ultimo saluto a Barcellona e per approfittare della Fiesta de Gracia! Una delle feste più colorate e movimentate del capoluogo catalano, una delle mie preferite da sempre, una delle più sentite dagli abitanti del quartiere che passano un intero anno a progettare e realizzare le decorazioni a tema per l'occasione e ogni volta mi stupiscono con la loro maestria e creatività. Anche quest'anno Gracia non si è smentita e tra un allestimento stile pirata, un passaggio in un giardino zen e un boschetto ricreati con la plastica recuperata, un viaggio all'interno della testa di Cervantes intento a scrivere il Don Chisciotte, un concerto e l'altro, una sangria e la conoscenza di un paio di bresciani che hanno appena iniziato la loro permanenza in questa magica città, abbiamo passato una serata all'insegna dell'allegria immersi in una massa festante e spensierata. Ed è proprio questa l’atmosfera che ho voluto ricreare con la seconda cartolina dedicata a Barcellona… colore, persone che se la godono e una notte in grazia!

 


 

Dopo Barcellona ancora un paio di tappe per dire ADEU (arrivederci) alla Costa Brava e accomiatarsi dignitosamente dal mare spagnolo. Una cartolina di passaggio, senza frase, perché non è mai facile trovare le parole per salutarsi senza essere banali, solo il mare, il cielo, la spiaggia e noi.

 

 

 

Come per Cádiz, ancora una volta, abbiamo scelto di infilarci in una strada “senza uscita” e fare una deviazione per una sosta nella città natale di Salvador Dalì.

L’ispirazione per questa cartolina dedicata a Cadaqués arriva direttamente dall’artista, che è il padre della frase che ho utilizzato in questo caso: NO TINGUIT POR DE LA PERFECCIÒ MAI NO ARRIBARÀ (non avere paura della perfezione, non arriverà mai).

Tuttavia, nonostante la premessa data dalla frase di Dalì, Cadaqués si avvicina abbastanza al mio personale concetto di perfezione. Un paesino dove i pescatori hanno ancora piccole barche che vengono ancorate ad un porticciolo davanti al quale la strada è fatta di sabbia battuta e sassi, e proprio lì davanti il grande artista volle creare la sua casa: diversi edifici collegati tra loro a creare una continuità architettonica che si sposa perfettamente con l'ambiente circostante fatto di casette di mattoni e alberi di tutti i tipi.

 

 

 

E così eccoci di nuovo in Francia, dove abbiamo transitato alla velocità della luce, facendo solo qualche breve sosta per riprendere fiato. Per cui una cartolina che racconta quello che abbiamo visto passando per poi arrampicarci su per il Frejus e valicare il passo che riporta  a casa (naturalmente, ancora una volta, non prima di aver girato due ore alla ricerca di un distributore funzionante!!!) per poter dire, infine AU REVOIR FRANCE (arrivederci Francia).

 

 

 

Così, finalmente, dopo una giornata di macchina, in tarda serata abbiamo varcato il confine e siamo approdati in terra italiana dove, mossi da un impeto di patriottismo o di nostalgia culinaria, o forse solo da una voglia che ci siamo portati dietro per un mese e mezzo e non abbiamo rischiato di soddisfare con i pessimi scimmiottamenti che si trovano all'estero, la prima cosa che abbiamo fatto è stata cercare una pizzeria ed entrare a far parte di coloro che è possibile classificare come italiani medi e fieri di esserlo! 

Niente di più appropriato che le parole di Gaber per questa cartolina, omaggio all’italianità: IO NON MI SENTO ITALIANO MA PER FORTUNA O PURTROPPO LO SONO.

Io non so se sono grata o rimpiango il mio essere italiana, ma so che la pizza è una cosa a cui difficilmente riesco a rinunciare a lungo!

 

 

 

Da Ventimiglia a Bologna la strada è lunga, così, già che eravamo in zona abbiamo approfittato per un giro nella Genova di Fabrizio De André, i suoi caruggi, i suoi vicoletti labirintici, le sue case dai mille colori e la sua inconfondibile Lanterna.

E chi altro potevo citare se non il mitico Faber nella cartolina dedicata alla sua città?

Un bigliettino, scritto di suo pugno, esposto in una bacheca del piccolo museo di via del Campo… niente poteva essere più appropriato.

GENOVA È ANCHE GLI AMICI CHE DA LONTANO TI VEDONO CRESCERE E INVECCHIARE, PER ESEMPIO I PESCATORI, CHE HANNO LA FACCIA SOLCATA DA RUGHE CHE SEMBRANO SORRISI E QUALSIASI COSA TU GLI CONFIDI, L'HANNO GIÀ SENTITA DAL MARE.

Un paio di giorni a base di focaccia e ci siamo riadattati al cibo italiano e dopo aver percorso in lungo e in largo le strade della città vecchia, ci siamo sentiti pronti per tornare a casa.

 


Dopo 48 giorni, quasi 7.600 km percorsi in macchina, una media di 12 km al giorno percorsi a piedi, dopo aver calpestato il suolo di tre paesi diversi e parlato molte più lingue, siamo arrivati a casa, abbiamo riabbracciato e sbaciucchiato i nostri gattini e il primo pensiero che ho avuto mettendo dentro il primo piede è stata una frase che scrisse Baum ne “Il Mago di Oz”:

NON C'È NESSUN POSTO COME LA PROPRIA CASA, anche se ora che sono trascorse un paio di settimane dal rientro, queste mura mi stanno un po' strette e inizio a sentire un fastidioso e familiare prurito ai piedi. Ma questo viaggio è terminato.

Abbiamo scoperto e rivisto, ci siamo stressati e rilassati, abbiamo rallentato e riaccelerato, abbiamo vissuto gioia, tristezza, nostalgia e commozione, talvolta dolore, vivendo il nostro viaggio. Siamo tornati senza essere per forza migliori, al di là di ogni giudizio di valore.

Siamo partiti in un modo e siamo tornati senza essere qualcun'altro ma nemmeno più gli stessi. C'è chi sostiene che non si può attraversare lo stesso confine due volte.

Così, siamo andati e tornati... chissà chi, chissà dove.

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